Marisa Lambertini

Marisa Lambertini è nata a Russi, nel cuore della Romagna, e vive a Fano (Pesaro). Di Marisa Lambertini si deve ammirare la perizia tecnica, che diventa sempre più autonomia stilistica: lo si constata non solo nell’insieme plastico, ma anche e soprattutto nella coerenza dei particolari, sempre ben precisi e serrati nella struttura. Ma ciò che forma il suo inconfondibile fascino è il trasformarsi della forma in moto dell'animo, di una naturalità espressiva ed anticlassica in un gioco che parte dalla natura, senza mediazioni manieristiche. Tipico è l'irrompere della vivacità nella fisionomia del volto e nelle posture del corpo. La sua arte nasce dalla sensibilità nel cogliere i tratti espressivi. È certamente la libertà, l’impulso primigenio che anima Marisa Lambertini e le sue creature. Libertà nel segno, nella forma, nella plasticità creativa di chiara accentuazione naturalistica. Forse è la negazione, l’antitesi dell’accademismo e di tutte le misure che statuizzano la scultura in un formalismo che nega ogni palpito alla materia. Rinuncia al richiamo della classicità, al numero aureo, alla ricerca della proporzionalità teorica, per richiamarsi invece a Degas, che sorprende l’attimo fuggente dell’elevazione e del piroettare delle danzatrici, esprimendo nell’immediatezza la magia dell’arte. Le sue modelle sono ragazze d’oggi nell’atteggiamento e nell’espressione di ogni nostro giorno, nella disinvoltura del nostro tempo. Giovinette sorridenti, nude ma mai sfrontate, mai spavalde, lontane da ogni impulso ambiguo, da ogni profanazione sessuale. Vanno verso il sole, la luce, la vita. La scultura della Lambertini non è mai statica; sa cogliere con sorprendente intuito psicologico il momento fuggente di un atteggiamento che non si ripeterà mai più, ma che caratterizza compiutamente il soggetto con la rapidità e la fedeltà di un “flash”. Le modelle riflettono indubbiamente l’impulso della sua stessa giovinezza in chiave chiaramente autobiografica. Le Pomone rivelano il profondo piacere dell’autrice nel plasmare forme abnormi, la gioia di affondare le mani nella materia per ricavarne figure di una espressività stupefacente, figure che diventano testimoni di una irridente realtà. Sembra che esse vogliano comunicare, partecipare uno stato d’animo euforico, sottolineare come al di là del velo d’ironia che le avviluppa, si celi una prorompente forza vitale, un inno alla vita.

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